teatro del canovaccio

"I CUNTI DI MARTOGLIO" 28/05 - leggi l'articolo e i comment<

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eliana8
view post Posted on 20/5/2008, 05:22




dal 22 al 24 maggio ore 21,00; 25 maggio ore 25

I CUNTI DI MARTOGLIO

note di regia (Elio Gimbo)


Comincio queste note di regia con una confessione: il mio approccio a Martoglio è sempre stato problematico, ostacolato dal pregiudizio relativo ad una trita “sicilitudine” palla al piede delle nostre dinamiche culturali e che trova sempre qualcuno disposto a reiterarla; ho nutrito però questo pregiudizio sapendo al tempo stesso quanto fosse privo di fondamento, o meglio, quanto esso fosse diretto verso l'obiettivo sbagliato. La mia diffidenza non nasce da Martoglio quanto dalla vulgata ideologica che è arrivata a noi e che ancora si perpetua a Catania, ossia quella trasmessa da una piccola borghesia, sostanzialmente reazionaria, priva di valori; può darsi che questa patina discenda dall'ideologia e dai modelli culturali degli interpreti storici, da Musco in poi, travasata da essi nella drammaturgia martogliana; certamente questo orizzonte piccolo-borghese non appartiene a Martoglio, il quale di suo, fu un intellettuale progressista, molto interessato alla comunicazione, che, per molti aspetti, associo a Pippo Fava.

Sapevo che prima o poi questo equivoco andava chiarito con me stesso attraverso il lavoro, per farlo c'era bisogno di un'occasione, di ciò ringrazio Eliana Esposito, che ha messo insieme un bellissimo adattamento, e gli amici del Canovaccio.

Ad una attenta analisi Martoglio è chiarissimo su due aspetti: il primo è l'attenzione ai temi del lavoro e della connessione tra i suoi personaggi e la classe sociale di appartenenza, tutti i personaggi e le vicende martogliane hanno una chiarissima relazione con ambienti e modelli culturali ben precisi e, se si sta ai testi, si capisce quanto Martoglio trovasse vita e dinamismo nelle classi subalterne e quanto disgusto provasse invece per i piccolo-borghesi alla Nicola Duscio, il protagonista de “l'aria del continente”, il secondo aspetto riguarda la scelta del registro comico, necessario al fine della costruzione di un linguaggio che non cessasse mai di essere innanzitutto “popolare”; Martoglio, come Cielo d'Alcamo, come Sciascia, come Fava, fu un intellettuale borghese interessato ad un lavoro personale sulla cultura popolare e sui suoi stilemi linguistici e comunicativi, perciò direi che si inserisce nella migliore tradizione intellettuale siciliana; poi naturalmente i suoi interpreti e i suoi epigoni erano quello che erano!

Questo nostro allestimento parte da tali consapevolezze applicate al mondo della Civita catanese, dei pescatori e delle “lavannare”; uomini e donne alle prese con esistenze durissime come i loro mestieri, costretti a convivere con l'abituale presenza della morte; nella Civita di Martoglio si moriva costantemente, o in mare, o in guerra, o per via del colera endemico; perciò vediamo nei “Cunti” così tante donne, gli uomini o sono per mare o sono in guerra o sono già morti, chi scampa a questa sorte o è alla fame o è malandrino come Cosimo Cavallaccio. L'universo femminile di Cicca, di Sara o della prostituta Taddarita è fortemente segnato da queste piaghe; così come lo è quello di un'altra bellissima creatura martogliana: quel Procopio 'mpallacheri, splendido prototipo di piccolo intellettuale di provincia alle prese col disperato bisogno di emendare da questa disperazione sé stesso e il proprio quartiere; Don Procopio tenta disperatamente di dare senso e dignità alla pretesa di un figlio del popolo di potere vivere della propria cultura, di potere esercitare anch'esso una professione intellettuale, privilegio esclusivo dei ricchi e dei nobili; ci fanno ridere i suoi sforzi di parlare italiano, di educare i propri vicini di cuttigghiu, ma dietro quegli sforzi c'è la disperata vitalità di un popolano in cerca di riscatto; per intuirne la portata e l'attualità si provi a pensare ad un politico di governo siciliano che provi a parlare in inglese, troverete intatto il medesimo profilo tragicomico.

Quelli come Don Procopio non sono destinati a realizzare i propri sogni, la durezza della realtà catanese -ieri come oggi- non autorizza questa speranza, ma possono anticipare la direzione in cui si muoveranno le generazioni future, possono addirittura ammonirci sulla attuale perdita do contatto con la nostra comunità o con la classe da cui proveniamo. Don Procopio è il prototipo gramsciano di intellettuale organico alla propria classe, si provi a pensare alla dignità di questo personaggio in una Catania da decenni impoverota da una migrazione intellettuale di cui nessuno parla.

Gli uomini e le donne della Civita sono sì vittime di superstizione, ignoranza, di malattie come il colera scatenate dai loro stessi costumi igienico-sanitari; ma ci indicano una compattezza sociale ed una dignità che questa città sembra avere smarrito.

Elio Gimbo

Edited by eliana8 - 26/5/2008, 16:53
 
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panico
icon6  view post Posted on 25/5/2008, 01:23




Ho visto i cunti di martoglio. uno spettacolo di buona fattura come questo meriterebbe di girare e tanto e di essere visto, quando si mescola così l'arte del saper divertire e quella di riflettere e capire, associare, disinfettare...il canovaccio è una realtà e la gente, le autorità devono svegliarsi nel capire quanto vale e quanto ha bisogno di valere di più ma forse è anche vero che a volte certe raltà diventano magiche e storiche proprio perchè non vengono rivoltate dai poteri politici che sempre più ci scassano...
questo spettacolo, che io ho più volte disturbato con la mia risata da puffo imbecille, ha diverse anime. una è il testo. il mix che eliana esposito ci porge è di sicura funzionalità ai tempi, a sentimenti che la miscela vuole riportare alla luce.
ben cucito prende spunto da varie storie martogliane che sono tra l'altro abilmente scelte. in più, aggiunge alcune scene piccole e gags che si associano perfettamente con le atmosfere martogliane.
ma il filo conduttore di questo testo, e qui ci troviamo di fronte all'altra inevitabile anima dello spettacolo è Don Procopio, interpretato da quella volpe impregnata di mestiere di cosimo coltraro che ci disegna un procopio inossidabile, che ci fa ridere a crepapelle con la semplicità dei ritmi comici catanesi, ma universali, racchiusi in piccoli controtempi dall'effetto perfetto, e dinamiche variegate che scuotono lo spettatore, per quelle affilate freccie che le sue riflessioni più profonde emanano. grande cosimo, che dimostra appieno la sua maturità attorale. la terza anima è poi composta dalla compagnia tutta che esalta un lavoro sinergico ma ricco di spunti individuali interessanti, come la barbagallo fiorenza e nadia trovato, che ci restituiscono in pieno le donne popolari che il martoglio descriveva, con variazione di registro e sui toni che non mettono dubbio sulla bravura di queste due attrici. le sorelle esposito, con eliana che ci mostra tout court la follia di cui è permeata ed ispiarata la sua arte e mi fa sbellicare quando passa dall'angelo, all'angelo infernale che da al suo personaggio. mentre la raffaella sfonda sulla fascia come il vargas rossazzurro (termine calcistico) con un interpretazione intensa che da spettatore davvero mi fa provare un pò di risentimento verso il damerino che Plinio milazzo interpreta, in ruolo assolutamente. credo che queste sensazioni che raffa e plinio hanno indotto in me non siano solo frutto del nostro dialetto che chiaramente entra facilmente nelle nostre vene e nelle passioni, ma siano frutto anche delle scelte interpretative che hanno effettuato in scena. gli altri attori si dimostrano elementi perfetti come globuli rossi perché contribuiscono, anzi talvolta sono proprio loro, a costruire, tenere e saldare i ritmi dello spettacolo. certo che in questo il cerchio si chiude con la regia di gimbo che sta attento a non intrappolare i già naturali tempi della storia, lasciando spaziare gli attori ai quali immagino capisce da subito si possa dare totale fiducia con i risultati brillanti che abbiamo visto. ed in più, quasi di nascosto, ma si vedono bene, inserisce alcuni elementi, come i piccoli loculi, che si incorparono nella generale collaborazione umana, lanciando anch'essi significati che ci riportano a valori che il teatro rigenera e talvolta si spera riporta addiritttura in vita. grazie per lo spazio. ah, il prof santi correnti sta cercando peter parker, ha trovato i suoi vestiti in un cassonetto...
 
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eliana8
view post Posted on 26/5/2008, 15:55




Leggi l'articolo di Carmelita Celi - La Sicilia - domenica 25 maggio -

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eliana8
view post Posted on 11/12/2008, 01:09




Ecco l'articolo di drammaturgie:

I CUNTI DI MARTOGLIO

Un tuffo nel mondo martogliano con personaggi simbolo come don Procopio ‘mballaccheri o Cicca Stonchiti e le sue vicine, esponenti di una Catania derelitta ma ricca di poesia e di umanità. Con la pièce “I Cunti di Martoglio”, arricchita dalle musiche di Paolo Conte e Luigi Tenco, proposta al teatro del Canovaccio di Catania, l’attrice Eliana Esposito ha cucito alcune delle più importanti pagine martogliane, esaltandone proprio gli aspetti più comici e poetici. Con la mano registica di Elio Gimbo, che ha dato allo spettacolo un piglio più brioso e moderno, trovando nei personaggi, che ruotano attorno alla povertà, alla filosofia spicciola, al linguaggio sgrammaticato di don Procopiu o Cicca Stonchiti, un accostamento tra la crisi di valori e la povertà di idee di allora e quella di oggi. In circa 1 ora e 30’, sulla scena di Bernardo Perrone ed i costumi di Rosi Bellomia, il collage martogliano assemblato da Eliana Esposito, con l’analitica regia di Elio Gimbo, prende in esame il mondo della Civita catanese, dei pescatori e delle “lavannare”; uomini e donne alle prese con esistenze difficili, in una epoca, in una società dura, costretti a convivere con la morte. Nei “Cunti” ritroviamo quindi le vicende comiche, poetiche e drammatiche di tante donne ed uomini che cercano di sfuggire alla sorte o alla fame. L’allestimento, che si chiude con un corale e malinconico ballo lento al cimitero, sulle note di “Sotto le stelle del jazz” di Paolo Conte, mette insieme stralci del corpus martogliano come “Matrimonio nella Civita”, “Civitoti in pretura”, “Don Procopiu ‘mballaccheri”, “Taddarita”. La Esposito assembla l'universo femminile di Cicca, di Sara o della prostituta Taddarita con quello di don Procopio, triste e comico intellettuale di provincia alle prese con la sopravvivenza e con la disperazione del proprio quartiere. In scena consensi per tutti gli interpreti e soprattutto per un Cosimo Coltraro ben calato nei panni dell’intellettuale pasticcione don Procopio e per Saro Pizzuto nel ruolo di un don Salarino testimone umano di tante miserie. Il ricco cast comprende poi Fiorenza Barbagallo (la litigiosa donna Sara), Nadia Trovato (Cicca), Eliana Esposito e Giancarlo Latina (gli innamorati Serafina e Ciccino), Raffaella Esposito (la dignitosa Taddarita), Plinio Milazzo (il malandrino e ingannatore), Salvo Musumeci (la maschera del catanese tipo), Gabriele Arena, Orazio Sava, Viviana Militello. Spettacolo interessante, di analisi politico - sociale e che nell’allestimento apprezzabile di Eliana Esposito, riesce a divertire il pubblico grazie ad una proposta valida, garbata e sensibile. “Il mio approccio a Martoglio - spiega il regista catanese Elio Gimbo - è sempre stato problematico, ostacolato dal pregiudizio relativo ad una trita “sicilitudine” palla al piede delle nostre dinamiche culturali e che trova sempre qualcuno disposto a reiterarla. L’orizzonte piccolo-borghese non appartiene certo a Martoglio, il quale di suo, fu un intellettuale progressista, molto interessato alla comunicazione, che, per molti aspetti, associo a Pippo Fava. Don Procopio ad esempio è il prototipo gramsciano di intellettuale organico alla propria classe, si provi a pensare alla dignità di questo personaggio in una Catania da decenni impoverita da una migrazione intellettuale di cui nessuno parla. Gli uomini e le donne della Civita sono sì vittime di superstizione, ignoranza, di malattie come il colera scatenate dai loro stessi costumi igienico-sanitari; ma ci indicano una compattezza sociale ed una dignità che questa città sembra avere smarrito.


di Maurizio Giordano

ecco il link all'articolo!
 
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