teatro del canovaccio

IL DIO NERO

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eliana8
view post Posted on 9/4/2007, 06:54




Per "Percorsi" organizzato del Comune di Catania, finanziato dalla Regione Sicilia, in collaborazione col POR Sicilia, il Teatro del Canovaccio propone l'itinerario triennale:

A spasso con la leggenda

Un viaggio immaginario nella storia, nella cultura e nelle tradizioni della Sicilia attraverso un percorso itinerante che avrà inizio dinnanzi l’elefante in piazza Duomo, proseguirà sul pullmann, per concludersi al Castello Ursino.
Cultura, poesia leggende e mondi fantastici verranno messi in scena.
22 23 24 Maggio 2004
25 26 27 28 Maggio 2004
29 Maggio 2004


"IL DIO NERO"

racconto a più voci del Mito di Proserpina e d’altre leggende popolari siciliane; da Salomone-Marino, Cucchiara, Pulci, Pitrè, Santi Correnti.
Elaborazione Scenica e Drammaturgica di A.Capodici.

con
Eliana Esposito, Giuseppe Calaciura, Raffaella Esposito, Carmelo Cannavò, Simone Luglio

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Appunti

Il Mito ctonio della Kòre affonda le proprie radici in un’epoca talmente remota da risultare, alla fine, pressoché irrintracciabile. Se ne hanno testimonianze sin dalla primissima età Micenea, nei secoli oscuri in cui l’influenza delle tradizioni sacerdotali persiane e del medio oriente aveva creato una permeabilità vicendevole fra le culture del bacino del Mediterraneo, della Tracia, dell’Ellesponto e dell’Asia Minore.

In esso è facilissimo rintracciare il ciclico ritorno alla vita ed alla fertilità che la Natura opera di stagione in stagione. A questo ritorno rimangono indissolubilmente associati i riti e le conoscenze della semina e del raccolto. Più in genere le cadenze fatali dell’avvicendarsi Morte/Risurrezione, Nascita/Trapasso, Malattia/Guarigione, Sterilità/Fertilità, Gestazione/Parto.

Il Mondo Classico ne fece il fulcro di una duplice tendenza: teologico/religiosa ma anche mistico/misteriosofica. Al primo versante si collega la vicenda classica: Demetra – divinità primigenia della Terra, legata ancestralmente alla archetipica concezione della Gea miceneo/cretese -viene privata da Plutone/Ade (dio nero del sottosuolo e del regno dei morti) della bellissima figlia Proserpina, il quale la rapisce e – nel buio del mondo “infero” – la seduce.
La “pax” divina imposta da Zeus, fra l’altro padre della stessa Proserpina, impone a Demetra di ricongiungersi alla figlia per sei mesi; essendo i restanti sei destinati all’unione, appunto “ctonia”, fra Plutone e la Fanciulla. E dicendo “ricongiungersi” si deve intendere quanto più letteralmente possibile.

Questo infatti è l’aspetto iniziatico della vicenda, l’altro corno della bella favola di Demetra e di Proserpina : delizia di sottintesi, simboli e metafore che affascinò molta parte della materia misteriosofica ellenica, ellenistica e tardo romana, fino ai plotiniani, agli gnostici, ai pauliciani per arrivare alla sapienza alchemica basso medievale e rinascimentale.
In vero si possono rintracciare elementi del culto anche in alcuni aspetti – per così dire -“sincretistici” del cristianesimo mediterraneo : basti pensare alle Madonne Nere, più o meno “sotterranee”, che fanno molta parte della devozione cristiana di Sicilia e del mondo latino. Accennavamo anche alle influenze mediorientali.
Bene, anche la tradizione persiana ha un mito della “Kòre”, che – curiosamente – si può piuttosto definire del “kuròs”, essendo il protagonista un protagonista maschile: un fanciullo, appunto.

Nelle “Mille e una notte”, infatti, è narrata una vicenda singolarmente somigliante, ma con la differenza che il binomio Demetra/Proserpina ha qui manifestazioni Maschili, essendo incarnato dallo Sceicco ……. e dal suo bellissimo figlio “Tempo di Luna”, il quale non vuole saperne di abbandonare la casa paterna, e che – quindi sarà costretto a farlo.
Come si vede un mito assolutamente speculare, ma che si origina dalla medesima riflessione.
C’è poi un esempio della vulgata popolare siciliana che Pitrè riporta nella sua monumentale opera. E che risulta collaterale al Mito originario poiché incarna la fanciulla Proserpina direttamente nell’archetipo della Sicilia.

Queste linee narrative e mitologiche convergono nell’esperienza del percorso/animazione che si snoda fino e dentro al Castello Ursino : sui mezzi che transitano nel traffico cittadino un Attore/Cuntista (i “cuntisti” sono i rapsodi popolari che fino alla metà del secolo scorso raccontavano i fatti delle “chansons” senza l’ausilio di alcun artificio, ma semplicemente con la tecnica affabulativa del racconto epico) introduce – parzialmente in italiano, più spesso in dialetto – il tema del mito proserpineo.

All’arrivo nello spazio antistante il monumento, gli spettatori/viaggiatori convergeranno dai bus in un unico uditorio, al quale un “cantastorie” con movenze più tradizionali anticiperà i momenti salienti del mito (momenti che saranno drammatizzati nella terza fase all’interno del castello) alternandoli con “specima” di altre leggende coeve : i Ciclopi, Aci e Galatea, Cola Pesce.

Il pubblico –infine – entrerà dentro il monumento, sempre accompagnato dal “cuntista”, dove raggiungerà il cortile ed, infine, il salone dei parlamenti, all’interno del quale parteciperà/assisterà alla fase cui accennato sopra : la “teatralizzazione” di tre momenti chiave del Mito.
In questa terza ed ultima fase, il pubblico, fruirà della “performance” degli attori/animatori seguendoli fisicamente mentre creano e scompongono tre spazi scenici concentrici all’interno dei quali avverranno le azioni drammaturgiche.
Il pubblico (in numero di cento spettatori per volta) si sistemerà tutt’intorno le rappresentazioni, delineando con la propria presenza il Luogo della finzione scenica.
Il Demiurgo/pedagogo di questa fase sarà – sorta di moderno “Virgilio” – un Attore dalle sembianze simil ottocentesche, che, usando anche un eloquio palesemente “colto”, rappresenterà con evidenza la figura dell’erudito tanto tipica del periodo fra sette e ottocento : Pitrè, Amari, ma anche Salomone-Marino, Cucchiara, e – più indietro – il Principe di Biscari.

Il percorso, complessivamente, avrà la durata di un’ora e trenta circa (considerando la variabile di tempo legata alla durata del percorso cittadino)così suddivisa :

- 1° parte (sul pullman )
- 2° parte (spazio antistante il Castello Ursino)
- 3° parte (Castello Ursino, interno, Sala...)

Come si vede i percorsi avverranno comunque sempre prima del tramonto: questo tanto per fruire dell’itinerario in condizioni di visibilità ideale, quanto (soprattutto) per rappresentare la parte “teatrale” della performance quanto più semplicemente fosse possibile : senza luci artefatte ed a voce naturale. In modo che la natura volutamente ambigua della narrazione (costantemente in bilico fra racconto epico “cuntistico” e vocazione scenica) risultasse chiaramente percepibile : essendo così intimamente tessute la Storia e la Mitologia siciliane tanto dell’uno che dell’altra da risultarne un unico crogiolo, fluido e magmatico, come la lava del vulcano.

Infine alcune annotazioni di ordine bibliografico e di uso delle fonti.

Per quanto riguarda la parte più specificatamente etnografica ed etno - antropologica si è attinto a piene mani allo sterminato corpus della biblioteca del Pitrè:

Giuseppe PITRE’ - "Fiabe e leggende popolari siciliane" ed "il Vespro"
" " " " "Canti popolari siciliani" " "
" " " " "Cartelli e pasquinate" " "

Ma anche a: Nicola TERZAGHI, "Miti e leggende del mondo greco e romano", Ed. Sandron

e Santi CORRENTI "Leggende di Sicilia", Ed. Longanesi & c.

per le fonti liriche invece:
Claudiano “Il ratto di Proserpina”;
Esiodo “le Opere e i Giorni”;
Teocrito “Liriche”.


 
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